Mia Figlia Follia
di Savina Dolores Massa (Il Maestrale)
Lealtà, diletto, sale esistenziale, sgravio d’ansietà, spontaneità e, inequivocabilmente, il dono della vita. Elogi scelti, converrebbe anche Erasmo, per tratteggiare le peculiarità di un singolare personaggio, Maddalenina, nel quale c’imbattiamo scoprendola - d’inesplicabile tenerezza - intenta a predisporsi “all’innamoramento” o, meglio, alla conquista di un uomo (o poco più) magari mettendo un po’ di “profumo di violetta dietro le orecchie”. E, poi, fortuna che, come pensa l’amica silenziosa (dal pensiero chiassoso), Maria Carta (“la tana”), una pianta “è secca per chi non sa vederla oltre la corteccia”. Disarmante “nel ripasso della sua vita”, attenta persino alla sofferenza delle cose alle quali - con aliena mitezza - riconosce un’anima. Così al proprio diletto cero (votivo) - esilarante in libertà - al quale narra “storie della neve” auspicando, per l’indomani, minor sofferenza (dovendolo bruciare); alle bambole, più volentieri nuove così da poterne individuare l’età, perché - garantito - quelle “vecchie” non capirebbero la figlia (di fantasia?) durante il gioco. Una storia che ci sbatacchia ricordandoci ancora (e ancora) che il pregiudizio incatena; che non ci servono “registi invisibili”, abbiamo la ragione; che dentro la nostra casa (l’interiorità) possiamo scorgere “molte cose”; che non basta osservare nella medesima direzione per vedere similmente. E che se buttassimo “all’immondezza la scatola” (ricolma di danaro) torneremmo a “vedere le stelle”.
Grazia Calanna
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