mercoledì 10 luglio 2013


POESIA. RESTIVO NEI PAESAGGI DELL’ANIMA

di Grazia Calanna

Il pensiero “contraddisse e si contraddisse” formulato per se stesso da Sciascia, concittadino di Calogero Restivo, anch’egli di Racalmuto, sovviene leggendo “Poesie di volti e memorie” (Prova d’Autore). Il poeta “immerso solitario e coraggioso in un mare senza fondo” propone al lettore un cammino costante condotto al ritmo intenso della franchezza e, con essa connaturate, di gagliarde contraddizioni. Del resto, sosteneva Hegel, l’antinomia è la regola del vero. Calogero traccia, assieme a quelli esteriori (e amatissimi), i paesaggi dell’anima screziandone i contorni, “Non importa se seduto sull’aia a contare le stelle, il vento all’improvviso snocciola il rosario degli urli e sbatte in faccia la sabbia prelevata dal deserto che al di là del mare, disteso come gigante annoiato, immoto e solenne, aspetta che il tempo, in dune allineate come pieghe di ventaglio, ne ridisegni forme e contorni”. Offre, leggiamo nella prefazione di Mario Grasso, “un canto lirico modulato con voce sommessa, sincera e disinibita”. Conduce un itinerario ininterrotto (mai pago) diversificato dalle ansietà del vivere e, similmente, da una florida sequenza di “propositi e speranze”. Nel ciclico gioco dell’alternanza delle stagioni, il silenzio (“Vestirò di silenzio le mie ansie, le promesse mancate, i giuramenti al chiaro di luna, perché le parole sono come l’aria che le porta lontano e cancella un timido alito di vento”) si contrappone alla parola (“Parliamo delle ansie e dei pericoli corsi, di modi scoperti di inventare i domani, che ogni giorno si facevano ieri spesi in inutili attese. Non sapevamo di essere felici”), l’oblio (“I miei ricordi sono casolari di campagna abbandonati, da cui i ladri hanno rimosso porte e finestre lasciando solo desolazione”) ai ricordi (“Saltellano come marionette mosse dal puparo, che tiene i fili e fa avanzare ora l’una ora l’altra. Sono immagini che vengono dal passato, perché la memoria le resuscita”), la rassegnazione (“Affiorano rimpianti assieme a ricordi, che non cambiano quanto scritto nel libro degli assegnati destini”) alla speranza (“Ho visto un uomo correre nella sera, inseguiva i tramonti per prolungare all’infinito il giorno e vivere un’eterna gioventù senza domani”), l’ipotesi (“Se fossi poeta metterei le ali ai bambini poveri, per vederli volteggiare liberi nel cielo, e non giocare nel fango di lividi inverni capricciosi”) alla certezza (“Sono partiti nel buio della notte, le scarpe appese alle spalla, come bisacce ai fianchi dei muli, per non pagare il prezzo del vivere quotidiano con complici versi servili”), incessantemente, come il chiarore al calar del sole. “Scrivo - svela l’autore di questo tesoretto della memoria -, per sentire l’anima per vedere i colori per sentirne i contorni, per sfiorarla e sentire che è vero che la sua pelle è velluto come di pesca, e ha forma tonda come il mondo”.
GRAZIA CALANNA