Attorno a questo mio corpo (Hacca Edizioni)
di GRAZIA CALANNA
«Attorno a questo mio corpo » curato da Laura Pacelli, Maria Francesca Papi e Fabio Pierangeli, è un libro, Hacca Edizioni, d’eloquente corposità germogliato dalla considerazione che «corpo e letteratura sono specchi di un “io” singolare, immerso in un tempo che lascia segni indelebili, in uno spazio che impone le proprie misure». Ornato dalle raffigurazioni di Mauro Maraschi, imperativo del volume, scoprire i profili, i gesti e individuare la presenza del corpo nella nostra produzione letteraria. Con attenzione riguardo al tempo storico, al contesto culturale, ai mezzi di diffusione delle immagini, la ricerca, com’è facile intuire dal sottotitolo dell’opera «ritratti e autoritratti degli scrittori della letteratura italiana», è stata condotta, dai numerosi studiosi coinvolti, secondo fonti (ritrattistica, carteggi, documentari, testimonianze, intimi ricordi) e criteri diversificati. Un libro incuriosente grazie al quale, giusto per fare qualche esempio, scopriremo che l’amore per la letteratura di Dario Bellezza, “persona singolare, viva, anche quando si negava nel niente e nella morte”, “andava al di là del suo ego ebbro e traballante”; che, paradossalmente, una “malformazione cerebrale congenita” cagionò la dipartita di Italo Calvino, “uno dei migliori cervelli delle nostre generazioni”; che, ponendosi “in ascolto con il proprio corpo”, Giorgio Caproni, si sporgeva “verso la vita con la volontà di assaporare le sue offerte di pienezza nell’immediatezza del loro prospettarsi”. Dante Alighieri? “Non era certo un omaccione, ma nemmeno quella specie di hobbit raccontato dal Boccaccio”, insomma “non era male, via. Da cui un certo successo con le donne…”. Nonostante le molteplici descrizioni, l’indole del Manzoni resta “enigmatica, introversa, difficilmente decifrabile”; mentre di Eugenio Montale, colui per il quale “la più vera ragione è di chi tace”, intriga la riservatezza, il volto inviolabile, il consueto ritrarsi “di fronte allo specchio”. Tuttavia, “la sua non è mai una fuga”. Lo sapevate? Elsa Morante era ingurgitata dal “forte attaccamento alla giovinezza del corpo”, talmente viscerale da lievitare con l’andar del tempo, spaventandola al punto da strapparle ogni godimento, “riservato - pensava - soltanto a chi possiede bellezza”. Nondimeno, ingenerosa la sorte di Federico De Roberto marchiata «al pari di cruente stimmate nel corpo martoriato e nelle menti spossate dei suoi morbosi “vicerè”». E, ancora, non ultimo (a), delizioso (a), la “Passeggiata con Ungaretti” di Serena Maffìa. La formula, accattivante, è quella diaristica. Così, di sorpresa, si ha l’impressione di sentirlo parlare il poeta: “Poeta?! No, mai. Vagabondo! Naufrago di sogni e d’illusioni”; “Mia madre si chiama Maria. Come la Madonna. … forse è per questo che mi volle chiamare Giuseppe…”.
Nessun commento:
Posta un commento