domenica 28 dicembre 2014


Recensione
“LA SINDROME DI HUGH GRANT” DI DANIELE COBIANCHI
I 40enni incapaci di assumersi responsabilità
La Sicilia 23.12.2014
di Grazia Calanna
 
“Non capisco questa cosa dei quarantenni che girano con la sciarpetta al collo. Li vedevo anche quando stavo con Marcella, tutti impettiti e gonfi in organze sintetiche e lini misti acrilico, darsi un tono da protagonista del Grande Fratello e dire: «Io sono uno che le cose le dice in faccia, punto». Ma all’epoca, l’idea di farne parte era così distante da me che non mi preoccupava, e con Marcella si rideva a crepapelle quando questi bellimbusti ci tagliavano la strada. Senza parlare dei braccialetti Cruciani ai polsi, e delle sopracciglia pinzettate. C’è anche qualcuno che gira con le scarpe da calcio, sì, proprio quelle da tredici tacchetti, sotto l’abito scuro. Giuro che se questa moda prende piede – ecco, ho fatto la battuta – espatrio”. Uno stralcio da ‘La Sindrome di Hugh Grant’, edito da Mondadori, nuovo romanzo generazionale di Daniele Cobianchi che con lo stile fresco e smagliante che lo distingue, a partire dal protagonista, Thomas, racconta i quarantenni di oggi, ‘ognuno infelice a modo proprio’. “Ci sono quelli sposati che tradiscono nell’ora del calcetto, i separati senza più un euro in tasca, quelli che si contendono l’affido dei figli, quelli in carriera che vengono presi a calci nel sedere dai sessantenni che non mollano – spiega Cobianchi -. In più, ognuno di questi ‘quarantenni disperati’ vive il confronto con se stesso, con le proprie aspettative, in un momento della vita nel quale ti rendi conto che la tua strada è ormai segnata e non puoi mandare tutto all’aria e ricominciare daccapo perché ciò che hai, o ciò che sei, non ti soddisfa. Thomas Rimini è uno di questi. Uno che potrebbe essere interpretato da Hugh Grant in una di quelle commedie che l’hanno reso famoso. Thomas vive una profonda crisi personale nonostante sia una persona di successo e abbia tutto quello che in apparenza potrebbe renderlo un uomo risolto. Si sente schiacciato dai tempi della vita, dal concetto di maturità che ai suoi occhi si avvicina al concetto di rinuncia, dall’obbligo delle decisioni da prendere, dal compromesso inevitabile che la società impone senza scrupoli omologando chiunque, anche chi non sa ancora cosa realmente vuole, e chiede solo un po’ di tempo in più”. Una sindrome, riconducibile alla più celebre di ‘Peter Pan’, per una (diffusa) condizione psicologica (sempre più patologica) contraddistinta dal rifiuto o, se preferite, dall’incapacità (?), di crescere e assumersi precise responsabilità. Un plot, per il quale con la canzone ‘La sindrome’ è stato realizzato il primo ‘book’s soundtrack’, che caldeggia l’introspezione, il viaggio interiore come quello di Thomas che “ritrova la sua verità mettendosi in discussione, comprendendo i propri errori e le proprie fragilità, fino ad arrivare a capire che anche tornare indietro può essere un modo per andare avanti e, finalmente, crescere”.

GRAZIA CALANNA