«NESSUNO RIPARA LA ROTTA» DI PAOLO
AGRATI
Il fare poetico, ricerca inesausta d’amore
di Grazia Calanna (su LA SICILIA del
07/02/2014)
“La distanza è l'ordito che regge la trama d’ogni storia d’amore come
d’ogni rapporto tra viventi, la distanza che gli uccelli cercano di colmare lanciando nell'aria del
mattino le arcate sottili dei loro gorgheggi, così come noi lanciando nelle
nervature della terra sventagliate d'impulsi elettrici traducibili in comandi
per i sistemi a relais: solo modo che resta agli esseri umani di sapere che si
stanno chiamando per il bisogno di chiamarsi e basta”. La riflessione di Italo Calvino irrompe leggendo “Nessuno
ripara la rotta” di Paolo Agrati, silloge edita da “La Vita Felice”, che, come
rileva nella prefazione Ivan Fedeli, “sedimenta il fare poetico in un
linguaggio polisemico che è, necessariamente, ricerca inesausta d’amore”. Un
lavoro articolato in sei sezioni (“Della distanza”, “Sulle pietre”,
“Tra l’erba”, “Nel fango”, “Sulla sabbia”, “Sulle rotaie”), intessute dalla
fibra forte della consapevolezza con la quale chi scrive osserva rammentandoci
che sebbene “Segni di sfacelo ovunque c’è vita […] Non c’è / proibita la
gioia”. Agrati, in continuità con la prima raccolta, “Quando l’estate crepa”, prosegue il
proprio persistente cammino, “Ancora un viaggio / verso la mia ombra / che
fugge verso / dove s’acquieta / il respiro del vento”. “Nonostante le distanze,
le spaccature con tutto ciò che la circonda, la mia poesia - dichiara Agrati -,
tende a tessere una cucitura, a ricostituire gli strappi con l’esterno, a
proporsi nuda, senza vergogne o freni. Questo attraverso una particolare
attenzione per l’oralità, per la lettura pubblica. Ci sono poesie che vanno
lette in solitudine, gustate in silenzio, piante, consumate con gesti intimi,
personali. Ce ne sono altre che vibrano, fremono tramite l’eco della lettura
condivisa; perché propongono temi provocatori, sfruttano l’intonazione, si
impreziosiscono con la voce, la musicalità, la coralità”.
Disegna floride percorrenze lastricate di parole e poesie, “Sebbene talvolta agli occhi
traspare / la voglia di vetro di andare chissà / dove gli scalini vanno a
morire”. Porge versi aperti, “Che la schiena mi duole / come il dorso all’asino in guerra. / La pena di un sonno
che ama la veglia”, beffardi, “La condanna è capitale ma il gregge / mansueto,
attende la pasqua / e continua brucare tarassaco”, onesti come “bimbi
compiacersi del baccano / nella chiesa, dell’eco sotto il chiostro”. “Oggi uno
scrittore - aggiunge Agrati -, deve riuscire a individuare un dire comune,
trasformarlo in un coro nel cui eco si ritrovano accordate una e più voci”. Viaggio
di viaggi come vertigini di sguardi assetati in cui “Il ritmo della morte ci
accomuna”, “La luce del cielo raccoglie in un punto la notte”, “Le genti
sottrarsi alle viuzze scappando / da un freddo che invero si portano dentro”,
“La miseria ci insegue / impietosa, violenta / come fosse uragano”.
GRAZIA CALANNA
GRAZIA CALANNA
Nessun commento:
Posta un commento