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BOLOGNA MOSTRA SU VERMEER E I SUOI EPIGONI
L’arte come visione del vero
di Grazia Calanna su LA SICILIA Cultura del 24.02.2014
“La ragazza con l'orecchino di Perla. Il mito della
Golden Age. Da Vermeer a Rembrandt. Capolavori dal Mauritshuis”, è il titolo
della singolare mostra accolta, fino al prossimo 25 maggio, dal Palazzo Fava di Bologna. “Vorrei - sottolinea Goldin -, che il
pubblico si ponesse davanti a questo quadro non soltanto come a un’icona pop ma
anche come a una rappresentazione sublime della bellezza dipinta. In questo
quadro tutto vive dentro una sorta di silenzio crepitante che chiama ognuno di
noi verso il luogo dell’assoluto”. Dello stesso Vermeer, il celebre
capolavoro, sarà affiancato dal dipinto “Diana e le ninfe”, come
dalle opere dei protagonisti della Golden Age dell’arte olandese come Rembrandt,
Frans Hals, Ter Borch, Claesz, Van Goyen, Van Honthorst, Hobbema, Van Ruisdael e Steen.
Inoltre, per scortare la
pregiata esposizione, Goldin ha ideato la rassegna: “Attorno a Vermeer. I volti, la luce, le cose”. Ventisei pittori
italiani, astratti e figurativi, di quasi tre generazioni differenti, dai più
giovani al Maestro Piero Guccione, sono
stati invitati a lavorare, sia sul celeberrimo dipinto, sia, come si evince
dalla titolazione della collettiva, attorno alla complessità della produzione
artistica di Vermeer. A ognuno è stato chiesto di realizzare quattro opere per animare
un confronto con i raffinatissimi, trascendenti e sensuali bagliori vermeeriani.
Con Guccione, espongono: Laura
Barbarini, Corrado Bonicatti, Roberto Casiraghi, Giuseppe Colombo, Graziella Da
Gioz, Franco Dugo, Attilio Forgioli, Andrea Gotti, Paolo Iacchetti, Silvio
Lacasella, Enrico Lombardi, Matteo Massagrande, Cesare Mirabella, Vincenzo
Nucci, Franco Pedrina, Maurizio Pierfranceschi, Franco Polizzi, Giuseppe
Puglisi, Mario Raciti, Franco Sarnari, Vincenzo Scolamiero, Francesco
Stefanini, Piero Vignozzi, Piero Zuccaro
e, non ultima, Cetty Previtera, l’unica giovane donna siciliana presente che,
sottolinea Goldin, “si muove dentro una foschia che è come una stigmate
colorata fatta di concrezioni della luce e del buio”, con la quale abbiamo
gradevolmente conversato.
- In che modo sta vivendo questa straordinaria esperienza?
“Il mio lavoro era stato apprezzato,
qualche anno fa, dal curatore dell’esposizione Marco Goldin il quale aveva
avuto modo di vedere il catalogo di una mostra collettiva curata da Piero
Zuccaro cui avevo partecipato. Già quell’interesse fu una bellissima emozione.
L’invito alla mostra di Bologna “Attorno a Vermeer. I volti, la luce, le cose” ha,
tutt’oggi, dell’incredibile per me. Quando ricevetti l’invito, lo scorso anno,
non osavo crederci. Ne sono stata subito onorata e l’ho sentito come un
incarico di grande responsabilità. La consapevolezza di essere accanto a
grandissimi artisti come Guccione e Sarnari, e nondimeno accanto ai miei cari
maestri Puglisi e Zuccaro, fa ancora fatica ad affermarsi. Ovviamente la
presenza di Vermeer non oso quasi nominarla. Quando una cosa è così bella e
delicata, bisogna trattarla con cura”.
- Cosa ha guidato le sue scelte pittoriche per omaggiare e interpretare,
come richiestovi, estro e peculiarità di Vermeer?
“Raccontare custodendo il silenzio” è il ciclo di
opere da me prodotte attorno a Vermeer. Mi è stato spontaneo avvicinarmi alle
figure femminili delle opere di Vermeer, presenti nella maggior parte della sua
produzione. Il mio è stato un accostamento molto intimo, un avvicinamento
silenzioso che potesse mantenere quelle figure raccolte e protette, un
tentativo strutturale e cromatico di contenerne l’essenza”.
Osservando il tessuto cromatico delle tue opere sovviene un pensiero
di Saba: “La notte vede più del giorno”.
È corretto considerarlo suo leitmotiv?
“Per un buon tempo, e ancora oggi, nella notte ho
visto più che nel giorno. Credo che nella quieta e buia notte ogni piccola
luce, ogni suono, si distingua e si esalti non confondendosi con il resto”.
L’artista quali responsabilità deve assumersi?
“Credo che all’artista è dato di mostrare altro
rispetto a ciò che lo sguardo comune vede. Come una forma di espansione del
visibile. Credo che questa visione debba essere contemporanea ma senza
compromessi di tendenza, una visione che si assuma la responsabilità della
verità e della bellezza”.
GRAZIA CALANNA
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