LA RACCOLTA DI ANGELA BONANNO
“Pani schittu”, allegoria del reale in vernacolo
LA SICILIA del 20.06.2014
“Pani schittu”, allegoria del reale in vernacolo
LA SICILIA del 20.06.2014
di Grazia Calanna
“Astutari vulissi ccu du ita / u picciu d’e cannili / cammari a tussi d’o
munnu” (Spegnere vorrei con due dita / il pianto delle candele / calmare la
tosse del mondo). L’audacia
della semplicità, da intendersi, quest’ultima, come “forma della vera grandezza”,
distingue i versi di Angela Bonanno e, peculiarmente, quelli della raccolta
“Pani schittu”, edita da CFR, vincitrice del IV Premio “Franco Fortini”. Versi
in vernacolo che, come evidenzia Manuel Cohen nella gustosissima prefazione,
offrono “un surplus di vitalità linguistica dagli effetti notevoli, per
condensazione polisemica e per riverberazione analogica, per icasticità di
sguardo e per rapidità di sintesi e movenze”. Sull’ordito del tempo, versi in
costume adamitico, come pane, ora secco, salato, sostanzioso, sbriciolato,
solitario, bastevole, come pane, in “tempi di fame”, rovello, raffermo, votivo,
zitto, fermo, “in gola”. Il pane, allegoria del reale, “annachiti ca u tempu
briganti / cala d’e muntagni e n’arrobba” (sbrigati che il tempo brigante /
scende dalle montagne e ci deruba); contraltare dell’esteriorità, “essiri
scurdata è / non essiri” (essere dimenticata è / non essere); lievito
quotidiano, “è sempri n fattu di fami / l’amuri è quannu non c’è” (è sempre un
fatto di fame / l’amore è quando non c’è). Essenziale alla vita. Nudo, come la
poesia.
-
Per Eliot la poesia «è fuga dall’emozione, fuga dalla personalità», per
lei?
“Per me è sullo stesso piano dei bisogni
primari: cibo acqua, poesia, camminare…”.
-
«La scrittura esige virtù scoraggianti, sforzi, pazienza; è un’attività
solitaria in cui il pubblico esiste solo come speranza». Con Simone De Beauvoir per chiedere: oggigiorno
qual è la funzione della poesia?
“Condivido il pensiero della De
Beauvoir. La funzione della poesia, e della cultura in generale, potrebbe
essere di educarci all’ascolto. C’è troppo chiacchiericcio inutile, ci sono
rumori molesti. Non c’è pudore nel voler scrivere, nel voler dire. Bisogna fare
spazio, fare pulizia, per lasciare posto al «bello»”.
-
«Pani schittu», questo titolo forse perché, come insegna Epicuro, «I
sapori semplici danno lo stesso piacere dei più raffinati, l’acqua e un pezzo
di pane fanno il piacere più pieno a chi ne manca»?
“Non
c’è niente di semplice nel “pani schittu”, è cibo primario di rivoluzione, di
resistenza, di trasformazione. Sempre vivo”.
- Assodato che, come scrive, “è l’omu a
peggiu speci” (l’uomo è la peggiore specie), la poesia può migliorarci?
“Si. Se
riesce, e quando riesce, a essere chiave che apre le porte verso quel “«qualcos’altro»”.
Le mie parole
sono girasoli, si aprono in un grido (“i me paroli su girasuli / si
rapunu cc’u na schigghìa”), tuona la Bonanno. Un grido lacaniano, aggiungiamo
noi, chiaro monito, eco diffuso tra floridi fogli, che la vita umana, per non
smarrirsi nel crepuscolo, necessita dell’altrui risposta.
GRAZIA
CALANNA
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