LUCIANNA
ARGENTINO, AUTRICE DEL POEMA «L’OSPITE INDOCILE»
«Fare
poesia è dare voce a chi non ne ha»
di Grazia Calanna su LA SICILIA pag. CULTURA del
7.09.2013
“Il suono tiepido della luce / scorre lungo i rami
carichi / e cade e si frantuma, / fa certo il provvisorio / mentre la bellezza
si fa scrittura / e non ne muore”. Versi germogliati da un’ininterrotta
meditazione, immensa, come “felici scorribande del vento”, riconoscente, come
inchiostro che “scorre / e si rapprende come lava / fa fertile il foglio / fa
anse all’ansia / spicca il vuoto alle cornici / ai cornicioni chiede la
vertigine / per il salto nel pieno della vita”, fulgida, come “l’infanzia con le
altalene a filare il tempo”. Parliamo del poema “L’ospite indocile” di Lucianna
Argentino, Passigli Editori, con nota critica di Anna Maria Farabbi che ha
colto, focalizzandola, l’andatura interiore della poetessa romana. “Ho
cominciato a scrivere durante l’adolescenza quando la vita cominciava ad avere
orizzonti sempre più vasti e mi procurava un tremore interiore misto a fascino.
La poesia è stata una compagna nel viaggio che mi accingevo a iniziare.
Compagna e viaggio stesso e anche casa: un vero e proprio luogo da abitare. Vivo
la poesia come un esercizio spirituale, teso ad indagare il senso spirituale
dell’esistenza e il suo mistero, come un incessante dialogo con me stessa e con
tutto ciò che mi circonda. Complici carta e penna e quell’attenzione creatrice
tanto cara a Simone Weil, sono sempre pronta ad accogliere la grazia che la
parola poetica riesce a estrarre da ogni istante - dichiara la Argentino”.
Perno della versificazione il valore essenziale della scrittura (“concupiscente
e casta”) che balza di foglio in petto come fosse brezza, “Scrivere è togliere
spazio al male, / è addomesticare la paura / che torna selvatica a ogni respiro
/ è tentativo di conoscere / se nella radice dell’albero dimorano / necessità e
libertà, / se sul tuo tronco è la misura / di altezza e statura, / se nella sua
chioma nidificano / verità e verosimiglianza, / adesso che so stare sotto la
sua ombra / lo svantaggio umano”, “Ora mi siedo e scrivo / da dentro questa
fonte mai sazia / dove a volte il silenzio ha la meglio / ma di nuovo mi
feconda la vita / mi seduce la scrittura”. Il verbo alligna il pensiero (“in
confidenza con l’eterno”), la parola “irrompe / e sgorga necessaria come tutto
il bene / che in questo momento è compiuto / nel basso della terra / e si
misura ad altezza d’uomo”. “La poesia è
essere in relazione con l’intero creato. Fare poesia per me è ascoltare e dare
voce a chi o a ciò che non ne ha. È prossimità. È il lavoro silenzioso e oscuro
delle radici e quello luminoso e alto della luce: entrambi “invisibili” ma
fondamentali per la vita dell’albero - aggiunge l’autrice -. Questo libro è una
riflessione sulla vita, sulla sua irripetibile preziosità, sulla forza della
parola poetica capace di estrarre l’eterno da ogni attimo e dove carnale e
spirituale coincidono per un sentire che conduce nelle profondità dell’essere”.
GRAZIA
CALANNA
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