mercoledì 11 settembre 2013


LUCIANNA ARGENTINO, AUTRICE DEL POEMA «L’OSPITE INDOCILE»

«Fare poesia è dare voce a chi non ne ha»

di Grazia Calanna su LA SICILIA pag. CULTURA del 7.09.2013

 

“Il suono tiepido della luce / scorre lungo i rami carichi / e cade e si frantuma, / fa certo il provvisorio / mentre la bellezza si fa scrittura / e non ne muore”. Versi germogliati da un’ininterrotta meditazione, immensa, come “felici scorribande del vento”, riconoscente, come inchiostro che “scorre / e si rapprende come lava / fa fertile il foglio / fa anse all’ansia / spicca il vuoto alle cornici / ai cornicioni chiede la vertigine / per il salto nel pieno della vita”, fulgida, come “l’infanzia con le altalene a filare il tempo”. Parliamo del poema “L’ospite indocile” di Lucianna Argentino, Passigli Editori, con nota critica di Anna Maria Farabbi che ha colto, focalizzandola, l’andatura interiore della poetessa romana. “Ho cominciato a scrivere durante l’adolescenza quando la vita cominciava ad avere orizzonti sempre più vasti e mi procurava un tremore interiore misto a fascino. La poesia è stata una compagna nel viaggio che mi accingevo a iniziare. Compagna e viaggio stesso e anche casa: un vero e proprio luogo da abitare. Vivo la poesia come un esercizio spirituale, teso ad indagare il senso spirituale dell’esistenza e il suo mistero, come un incessante dialogo con me stessa e con tutto ciò che mi circonda. Complici carta e penna e quell’attenzione creatrice tanto cara a Simone Weil, sono sempre pronta ad accogliere la grazia che la parola poetica riesce a estrarre da ogni istante - dichiara la Argentino”. Perno della versificazione il valore essenziale della scrittura (“concupiscente e casta”) che balza di foglio in petto come fosse brezza, “Scrivere è togliere spazio al male, / è addomesticare la paura / che torna selvatica a ogni respiro / è tentativo di conoscere / se nella radice dell’albero dimorano / necessità e libertà, / se sul tuo tronco è la misura / di altezza e statura, / se nella sua chioma nidificano / verità e verosimiglianza, / adesso che so stare sotto la sua ombra / lo svantaggio umano”, “Ora mi siedo e scrivo / da dentro questa fonte mai sazia / dove a volte il silenzio ha la meglio / ma di nuovo mi feconda la vita / mi seduce la scrittura”. Il verbo alligna il pensiero (“in confidenza con l’eterno”), la parola “irrompe / e sgorga necessaria come tutto il bene / che in questo momento è compiuto / nel basso della terra / e si misura ad altezza d’uomo”. “La poesia  è essere in relazione con l’intero creato. Fare poesia per me è ascoltare e dare voce a chi o a ciò che non ne ha. È prossimità. È il lavoro silenzioso e oscuro delle radici e quello luminoso e alto della luce: entrambi “invisibili” ma fondamentali per la vita dell’albero - aggiunge l’autrice -. Questo libro è una riflessione sulla vita, sulla sua irripetibile preziosità, sulla forza della parola poetica capace di estrarre l’eterno da ogni attimo e dove carnale e spirituale coincidono per un sentire che conduce nelle profondità dell’essere”.

GRAZIA CALANNA
 

 

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