martedì 25 febbraio 2014


«NESSUNO RIPARA LA ROTTA» DI PAOLO AGRATI

Il fare poetico, ricerca inesausta d’amore

di Grazia Calanna (su LA SICILIA del 07/02/2014)

 

“La distanza è l'ordito che regge la trama d’ogni storia d’amore come d’ogni rapporto tra viventi, la distanza che gli uccelli cercano di colmare lanciando nell'aria del mattino le arcate sottili dei loro gorgheggi, così come noi lanciando nelle nervature della terra sventagliate d'impulsi elettrici traducibili in comandi per i sistemi a relais: solo modo che resta agli esseri umani di sapere che si stanno chiamando per il bisogno di chiamarsi e basta”. La riflessione di Italo Calvino irrompe leggendo “Nessuno ripara la rotta” di Paolo Agrati, silloge edita da “La Vita Felice”, che, come rileva nella prefazione Ivan Fedeli, “sedimenta il fare poetico in un linguaggio polisemico che è, necessariamente, ricerca inesausta d’amore”. Un lavoro articolato in  sei  sezioni (“Della distanza”, “Sulle pietre”, “Tra l’erba”, “Nel fango”, “Sulla sabbia”, “Sulle rotaie”), intessute dalla fibra forte della consapevolezza con la quale chi scrive osserva rammentandoci che sebbene “Segni di sfacelo ovunque c’è vita […] Non c’è / proibita la gioia”. Agrati, in continuità con la prima raccolta, “Quando l’estate crepa”, prosegue il proprio persistente cammino, “Ancora un viaggio / verso la mia ombra / che fugge verso / dove s’acquieta / il respiro del vento”. “Nonostante le distanze, le spaccature con tutto ciò che la circonda, la mia poesia - dichiara Agrati -, tende a tessere una cucitura, a ricostituire gli strappi con l’esterno, a proporsi nuda, senza vergogne o freni. Questo attraverso una particolare attenzione per l’oralità, per la lettura pubblica. Ci sono poesie che vanno lette in solitudine, gustate in silenzio, piante, consumate con gesti intimi, personali. Ce ne sono altre che vibrano, fremono tramite l’eco della lettura condivisa; perché propongono temi provocatori, sfruttano l’intonazione, si impreziosiscono con la voce, la musicalità, la coralità”.

Disegna floride percorrenze lastricate di parole e poesie, “Sebbene talvolta agli occhi traspare / la voglia di vetro di andare chissà / dove gli scalini vanno a morire”. Porge versi aperti, “Che la schiena mi duole / come il dorso  all’asino in guerra. / La pena di un sonno che ama la veglia”, beffardi, “La condanna è capitale ma il gregge / mansueto, attende la pasqua / e continua brucare tarassaco”, onesti come “bimbi compiacersi del baccano / nella chiesa, dell’eco sotto il chiostro”. “Oggi uno scrittore - aggiunge Agrati -, deve riuscire a individuare un dire comune, trasformarlo in un coro nel cui eco si ritrovano accordate una e più voci”. Viaggio di viaggi come vertigini di sguardi assetati in cui “Il ritmo della morte ci accomuna”, “La luce del cielo raccoglie in un punto la notte”, “Le genti sottrarsi alle viuzze scappando / da un freddo che invero si portano dentro”, “La miseria ci insegue / impietosa, violenta / come fosse uragano”.

GRAZIA CALANNA



GRAZIA CALANNA

Nessun commento:

Posta un commento