martedì 25 febbraio 2014


A BOLOGNA MOSTRA SU VERMEER E I SUOI EPIGONI

L’arte come visione del vero

di Grazia Calanna su LA SICILIA Cultura del 24.02.2014

 

La ragazza con l'orecchino di Perla. Il mito della Golden Age. Da Vermeer a Rembrandt. Capolavori dal Mauritshuis”, è il titolo della singolare mostra accolta, fino al prossimo 25 maggio, dal Palazzo Fava di Bologna. “Vorrei - sottolinea Goldin -, che il pubblico si ponesse davanti a questo quadro non soltanto come a un’icona pop ma anche come a una rappresentazione sublime della bellezza dipinta. In questo quadro tutto vive dentro una sorta di silenzio crepitante che chiama ognuno di noi verso il luogo dell’assoluto”. Dello stesso Vermeer, il celebre capolavoro, sarà affiancato dal dipinto “Diana e le ninfe”, come dalle opere dei protagonisti della Golden Age dell’arte olandese come Rembrandt, Frans Hals, Ter Borch, Claesz, Van Goyen, Van Honthorst, Hobbema, Van Ruisdael e Steen. Inoltre, per scortare la pregiata esposizione, Goldin ha ideato la rassegna: “Attorno a Vermeer. I volti, la luce, le cose”. Ventisei pittori italiani, astratti e figurativi, di quasi tre generazioni differenti, dai più giovani al Maestro Piero Guccione, sono stati invitati a lavorare, sia sul celeberrimo dipinto, sia, come si evince dalla titolazione della collettiva, attorno alla complessità della produzione artistica di Vermeer. A ognuno è stato chiesto di realizzare quattro opere per animare un confronto con i raffinatissimi, trascendenti e sensuali bagliori vermeeriani. Con Guccione, espongono: Laura Barbarini, Corrado Bonicatti, Roberto Casiraghi, Giuseppe Colombo, Graziella Da Gioz, Franco Dugo, Attilio Forgioli, Andrea Gotti, Paolo Iacchetti, Silvio Lacasella, Enrico Lombardi, Matteo Massagrande, Cesare Mirabella, Vincenzo Nucci, Franco Pedrina, Maurizio Pierfranceschi, Franco Polizzi, Giuseppe Puglisi, Mario Raciti, Franco Sarnari, Vincenzo Scolamiero, Francesco Stefanini, Piero Vignozzi, Piero Zuccaro e, non ultima, Cetty Previtera, l’unica giovane donna siciliana presente che, sottolinea Goldin, “si muove dentro una foschia che è come una stigmate colorata fatta di concrezioni della luce e del buio”, con la quale abbiamo gradevolmente conversato.  

- In che modo sta vivendo questa straordinaria esperienza?

Il mio lavoro era stato apprezzato, qualche anno fa, dal curatore dell’esposizione Marco Goldin il quale aveva avuto modo di vedere il catalogo di una mostra collettiva curata da Piero Zuccaro cui avevo partecipato. Già quell’interesse fu una bellissima emozione. L’invito alla mostra di Bologna “Attorno a Vermeer. I volti, la luce, le cose” ha, tutt’oggi, dell’incredibile per me. Quando ricevetti l’invito, lo scorso anno, non osavo crederci. Ne sono stata subito onorata e l’ho sentito come un incarico di grande responsabilità. La consapevolezza di essere accanto a grandissimi artisti come Guccione e Sarnari, e nondimeno accanto ai miei cari maestri Puglisi e Zuccaro, fa ancora fatica ad affermarsi. Ovviamente la presenza di Vermeer non oso quasi nominarla. Quando una cosa è così bella e delicata, bisogna trattarla con cura”.

- Cosa ha guidato le sue scelte pittoriche per omaggiare e interpretare, come richiestovi, estro e peculiarità di Vermeer?

“Raccontare custodendo il silenzio” è il ciclo di opere da me prodotte attorno a Vermeer. Mi è stato spontaneo avvicinarmi alle figure femminili delle opere di Vermeer, presenti nella maggior parte della sua produzione. Il mio è stato un accostamento molto intimo, un avvicinamento silenzioso che potesse mantenere quelle figure raccolte e protette, un tentativo strutturale e cromatico di contenerne l’essenza”.

Osservando il tessuto cromatico delle tue opere sovviene un pensiero di  Saba: “La notte vede più del giorno”. È corretto considerarlo suo leitmotiv?

“Per un buon tempo, e ancora oggi, nella notte ho visto più che nel giorno. Credo che nella quieta e buia notte ogni piccola luce, ogni suono, si distingua e si esalti non confondendosi con il resto”.

L’artista quali responsabilità deve assumersi?

“Credo che all’artista è dato di mostrare altro rispetto a ciò che lo sguardo comune vede. Come una forma di espansione del visibile. Credo che questa visione debba essere contemporanea ma senza compromessi di tendenza, una visione che si assuma la responsabilità della verità e della bellezza”.

GRAZIA CALANNA

 

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