Intervista
alla scrittrice Rosa Matteucci
“La cattiveria più grande quella del silenzio”
LA SICILIA CULTURA 10.12.2012
di Grazia Calanna
“Sul set di un film che non si farà, un Calvario
dove Cristo non muore davvero e quindi non risorge, va in scena la storia dei
destini incrociati di due donne, un’attrice in cerca di parte e una giornalista
free lance, inconsapevoli interpreti di una sceneggiatura senza autore che
brancola anelando un lieto fine”. Parliamo di “Le donne perdonano tutto tranne
il silenzio”, nuovo stuzzicante romanzo, edito da Giunti, scritto
dall’immaginifica e schietta penna (“Siccome ho pagato otto euro di cambio
treno, mi sono fatta assegnare il posto di fronte a lui. Perché le cose
accadono e noi con loro. Sulla spiaggia infuriava la mareggiata. Il lettore è
stato rude e indifferente, come fanno due persone che si incontrano
casualmente, si fiutano e si riconoscono”) di Rosa Matteucci (nella foto di Fabio
Lombrici). “Alcuni raggiungono la
loro massima cattiveria nel silenzio”. Ha pensato a qualcosa del genere, come
esplicitamente recita la frase di Elias Canetti (tratta da La provincia
dell'uomo - 1973), quando ha scelto il titolo del suo nuovo libro?
“No, il titolo viene da una riflessione scaturita
da una risposta letta sulla rubrica la posta del cuore di Natalia Aspesi,
mediata dalla lettura e rilettura dei saggi di Aldo Carotenuto, Jung a tutto
andare, dove si parla del dolore intimo provocato dal silenzio,
dell'opposizione del silenzio maschile alla dialettica femminile, che è vita”. Qual è la peculiarità di questo suo romanzo,
cosa lo distingue dai precedenti lavori?
“Non mi è chiaro ancora, sicuramente il fatto che
sbarazzatemi della pesante zavorra della storia della mia famiglia, posso
finalmente scrivere quel che voglio, non avendo più l'onere di consegnare ai
posteri la memoria di mio padre, ovvero il fardello della mia biografia, ormai
cauterizzata, oltre che condivisa con altre anime gentili”.
“Quando mi ha
stretta a sé ho pregato che quell’abbraccio fosse espressione di un giudizio
decisivo del mio passato, e di una sentenza irrevocabile del mio avvenire.
Invece è stato frettoloso e bruciante e sono rimasta con quel senso amaro di
sogno che stava per realizzarsi e solo per sfortuna sia sfuggito”. Dell’amore, tema centrale del libro,
qual è la sua segreta definizione?
“L'amore non so definirlo se non come qualcosa di
eterno e potente che parte dal cuore di ciascuno di noi e attraverso
peregrinazioni, sofferenze, abbandoni e felicità ci riporta al cuore stesso”. “Scrivendo si rimane in bilico fra
contemplazione di sé e comunicazione con l’altro. Una strada scivolosa che si
riesce a percorrere solo con grande spudoratezza. Scrivendo, io taglio la
realtà come mi pare, chi mi legge taglia la storia come piace a lui. È la
libertà assoluta, una libertà necessaria”. Uno spunto di riflessione con le
parole di Elena Loewenthal per chiederle: dovesse descriverla, cos’è per lei la
scrittura?
“La domanda
sulla scrittura non pretende risposte, sono insite in quello che ho scritto
finora, non mi piace dare delle definizioni precise, dove precisione,
linearità, certezza non ci sono. Posso dire che i libri hanno rappresentato per
me un lieve ponte di barche, di zatterine, su cui attraversare il tempo, la
vita”.
Quali i ricordi legati
al suo primo romanzo?
“La morte di mio padre e un viaggio a Lourdes in
treno, vestita come una demente. Del cibo pessimo, tanti abbracci, l'incubo
delle mestruazioni, un ragazzo down di Spoleto che mi ha dato tanti baci, una
tenerezza e un calore speciali per quel cromosoma in più...”
Quali gli scrittori prediletti, coloro che hanno influito sulla sua formazione? “I russi Tolstoj, Dostoevskij, Celine, Zola”.
Quali gli scrittori prediletti, coloro che hanno influito sulla sua formazione? “I russi Tolstoj, Dostoevskij, Celine, Zola”.
Qual è (e perché) il
libro al quale è più affezionata?
“Dei miei libri o in generale? Se la seconda
opzione Germinal e L'Assommoir di Zola. Dei miei, Cuore
di mamma”.
Tornando al suo “Le
donne perdonano tutto tranne il silenzio”, sceglierebbe per congedarsi dai
lettori, così da stuzzicarli ulteriormente, uno dei passi più rilevanti?
“Il giudizio universale per opera dei cagnolini e
l'ultima riga quella in cui c'è un passo dalla poesia “Dalla torre” di Mario
Luzi. Fila anni luce misteriosi, fila un solo destino in molte guise, dice:
“guardami sono la tua stella” e in quell’attimo punge più profonda il cuore la
spina della vita”.
GRAZIA
CALANNA
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