martedì 11 settembre 2012

Nei versi delle donne il ritmo circolare dall'alba al tramonto


(LA SICILIA 13.08.2012 recensione di Grazia Calanna


sull'antologia "Nuovi poeti italiani 6" Einaudi - foto di Laura Callegaro )





Forte tensione conoscitiva e fiducia nello strumento linguistico permeano, come peraltro rilevato dalla curatrice Giovanna Rosadini, i versi delle scrittrici riunite nella sesta antologia Einaudi “Nuovi poeti italiani”. Speranza e disincanto, ricerca e smarrimento, spiritualità e concretezza, rivelazioni e silenzi, indugio e azione, spasimo e letizia, armoniosamente, si alternano, quasi si confondono, in un gioco impalpabile che ricorda l’alternanza incessante dell’alba al tramonto. Alida Airaghi medita, declinandolo da quello intimo, sul senso del tempo cosmico, “un giorno non qualunque / di un non qualunque anno / pronta a svelarmi inganno e disinganno”.Daniela Attanasio, per la quale la poesia è la realtà vista da un occhio aperto; come ogni forma d'arte non fa distinzione di genere”, perlustra le origini sorgive e istintuali dell’essere, “E sono ancora dentro quella / nostalgia di vita che è una nascita”. Antonella Bukovaz scruta l’identità concepita come appartenenza territoriale e linguistica, “cerco un’altra materia / a sostenere la geografia che porto / tatuata sotto la pianta dei piedi”. Maria Grazia Calandrone per mezzo del verbo, palesa, all’unisono, la tangibilità delle cose e l’indissolubilità dei legami, “Io in una solitudine perfetta porto / in me muro con crepe / nelle quali scorre / purissima la gioia”. “La poesia è compassione. Il poeta scrive da una solitudine corale, scrive mentre tenta di diventare tutti. La poesia delle donne credo abbia finito per trarre vantaggio dalla sua storica emarginazione dal mondo delle lettere: l’isolamento imposto si è rovesciato nell’esito di una maggiore libertà. È inoltre più aderente al dato biologico (non biografico!), in qualche modo trasforma l’intera esistenza in parola. Dunque - sostiene la Calandrone -,il risultato di questo volume è di voci così disomogenee perché la libertà fa differenza”. Chandra Livia Candiani, cinge un sinuoso cammino spirituale, “Sono matassa di smarrimenti / senza disegno, sono calce / viva sotto pelle / di tamburo che vibra / a ogni sfioramento”. Gabriela Fantato, risalta la comunanza dell’esistere, “Le cose sanno tutto, sanno / l’inizio e la fine anche l’indifferenza”. Giovanna Frene, liricizza la propria lucida (agghiacciante) consapevolezza, “lo spirito è immobile, la carne scivola. ogni / volta più in basso e trascina con sé / il pensiero e le cose decadono avvolte / in un ammasso di morte”. “In questo momento - dichiara la Frene -, poesia è la mia visione del mondo, il mio strumento di conoscenza, l'occhio con cui guardo e vedo, la mia ragione stessa di esistere. La poesia scritta da donne - si sa che non amo la definizione di 'poetessa', per non dare giusto il destro ai detrattori dell'operato delle donne in ogni campo -, ha un grande valore nella società contemporanea. Fare poesia per una donna è fare politica, oggi, proporre la propria differenza più che altro storica, ma la propria uguaglianza culturale”. Isabella Leardini, instilla sintonie d’amorosi sensi, “Prego ancora una corsa dei giorni, / un tocco casuale che apra il cielo / nel gioco che cambia in abbraccio”. “La poesia è soprattutto dire la verità nel modo più disarmato e rigoroso possibile, una verità anche piccola e personalissima, ma che abbia in sé una tensione universale. È un gesto di attenzione assoluta nella sostanza come nella forma; mette radici in qualcosa di innato e difficilmente definibile e dominabile che chiamerei, più che ispirazione, visione - aggiunge la Leardini -. Come i poeti, le poetesse raccontano la propria esperienza e verità con esiti diversi, più o meno buoni. La differenza non è nella riuscita letteraria, ma nella natura stessa. La varietà di questa antologia dimostra che non c'è una poesia femminile, ma ci sono buone poetesse molto diverse tra loro”. Laura Liberale, “penso alla poesia come a una possibilità di trascendimento dei generi, a un luogo di nudità indifferenziata di ogni essere umano”, e Rossella Tempesta, “la poesia mi serve a ritrarre ogni aspetto dell’esperienza reale, anche il più insignificante può contenere paradigmi universali per comprendere meglio la ragione e il sentimento che animano il Tutto”, scandagliano le relazioni affettive primarie, individuandone, rispettivamente, singolarità (“Nemmeno da morente / vuoi rinunciare al ruolo / rifiuti la muta di una pelle / ormai inservibile / fino all’ultimo ti ribadisci”) e consuetudini (“ Eravamo così povere d’amore / che la dolcezza dei piselli lessi / ci commoveva fino al pianto”).Laura Pugno caldeggia, malgrado la corporeità del male, l’unanime opportunità di giocondità e pienezza, “eppure sei salvato, / per il riflesso degli alberi / sei guidato al nuovo”. Non ultima, Franca Mancinelli aduna versi fioriti intorno mutevoli visioni itinerarie, “qualcosa in noi respira / soltanto nel trasloco: / gioia per ogni terra cancellata”. “I versi sono la mia terra. La poesia è il continente d’aria che abitiamo tra un naufragio e l’altro delle nostre esistenze. La poesia è così viva che può sembrare una presunzione contenerla in una forma definitiva. E, una volta compiuto questo difficile e duro lavoro, ci si trova a guardarla con lo stupore e la pena con cui si torna a fare visita agli animali in gabbia, augurandosi - conclude la Mancinelli - che non si ammalino, che la loro esistenza continui il più possibile felice, adattandosi ai confini di quel nuovo spazio”.


GRAZIA CALANNA

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