Nei
versi delle donne il ritmo circolare dall'alba al
tramonto
(LA
SICILIA 13.08.2012 recensione di Grazia Calanna
sull'antologia
"Nuovi poeti italiani 6" Einaudi - foto di Laura Callegaro
)
Forte
tensione conoscitiva e fiducia nello strumento linguistico permeano, come
peraltro rilevato dalla curatrice Giovanna Rosadini, i versi delle scrittrici
riunite nella sesta antologia Einaudi “Nuovi poeti italiani”. Speranza e
disincanto, ricerca e smarrimento, spiritualità e concretezza, rivelazioni e
silenzi, indugio e azione, spasimo e letizia, armoniosamente, si alternano,
quasi si confondono, in un gioco impalpabile che ricorda l’alternanza incessante
dell’alba al tramonto. Alida Airaghi medita, declinandolo da quello intimo, sul
senso del tempo cosmico, “un giorno non qualunque / di un non qualunque anno /
pronta a svelarmi inganno e disinganno”.Daniela Attanasio, per la quale la
poesia “è la realtà vista da un
occhio aperto; come ogni forma d'arte non fa distinzione di genere”, perlustra
le origini sorgive e istintuali dell’essere, “E sono ancora dentro quella /
nostalgia di vita che è una nascita”. Antonella Bukovaz scruta l’identità
concepita come appartenenza territoriale e linguistica, “cerco un’altra materia
/ a sostenere la geografia che porto / tatuata sotto la pianta dei piedi”. Maria
Grazia Calandrone per mezzo del verbo, palesa, all’unisono, la tangibilità delle
cose e l’indissolubilità dei legami, “Io in una solitudine perfetta porto / in
me muro con crepe / nelle quali scorre / purissima la gioia”. “La poesia è
compassione. Il poeta scrive da una solitudine corale, scrive mentre tenta di
diventare tutti. La poesia delle donne credo abbia finito per trarre vantaggio
dalla sua storica emarginazione dal mondo delle lettere: l’isolamento imposto si
è rovesciato nell’esito di una maggiore libertà. È inoltre più aderente al dato
biologico (non biografico!), in qualche modo trasforma l’intera esistenza in
parola. Dunque - sostiene la Calandrone -,il risultato di questo volume è di
voci così disomogenee perché la libertà fa differenza”. Chandra Livia Candiani,
cinge un sinuoso cammino spirituale, “Sono matassa di smarrimenti / senza
disegno, sono calce / viva sotto pelle / di tamburo che vibra / a ogni
sfioramento”. Gabriela Fantato, risalta la comunanza dell’esistere, “Le cose
sanno tutto, sanno / l’inizio e la fine anche l’indifferenza”. Giovanna Frene,
liricizza la propria lucida (agghiacciante) consapevolezza, “lo spirito è
immobile, la carne scivola. ogni / volta più in basso e trascina con sé / il
pensiero e le cose decadono avvolte / in un ammasso di morte”. “In questo
momento - dichiara la Frene -, poesia è la mia visione del mondo, il mio
strumento di conoscenza, l'occhio con cui guardo e vedo, la mia ragione stessa
di esistere. La poesia scritta da donne - si sa che non amo la definizione di
'poetessa', per non dare giusto il destro ai detrattori dell'operato delle donne
in ogni campo -, ha un grande valore nella società contemporanea. Fare poesia
per una donna è fare politica, oggi, proporre la propria differenza più che
altro storica, ma la propria uguaglianza culturale”. Isabella Leardini, instilla
sintonie d’amorosi sensi, “Prego ancora una corsa dei giorni, / un tocco casuale
che apra il cielo / nel gioco che cambia in abbraccio”. “La poesia è soprattutto
dire la verità nel modo più disarmato e rigoroso possibile, una verità anche
piccola e personalissima, ma che abbia in sé una tensione universale. È un gesto
di attenzione assoluta nella sostanza come nella forma; mette radici in qualcosa
di innato e difficilmente definibile e dominabile che chiamerei, più che
ispirazione, visione - aggiunge la Leardini -. Come i poeti, le poetesse
raccontano la propria esperienza e verità con esiti diversi, più o meno buoni.
La differenza non è nella riuscita letteraria, ma nella natura stessa. La
varietà di questa antologia dimostra che non c'è una poesia femminile, ma ci
sono buone poetesse molto diverse tra loro”. Laura Liberale, “penso alla poesia
come a una possibilità di trascendimento dei generi, a un luogo di nudità
indifferenziata di ogni essere umano”, e Rossella Tempesta, “la poesia mi serve
a ritrarre ogni aspetto dell’esperienza reale, anche il più insignificante può
contenere paradigmi universali per comprendere meglio la ragione e il sentimento
che animano il Tutto”, scandagliano le relazioni affettive primarie,
individuandone, rispettivamente, singolarità (“Nemmeno da morente / vuoi
rinunciare al ruolo / rifiuti la muta di una pelle / ormai inservibile / fino
all’ultimo ti ribadisci”) e consuetudini (“ Eravamo così povere d’amore / che la
dolcezza dei piselli lessi / ci commoveva fino al pianto”).Laura Pugno
caldeggia, malgrado la corporeità del male, l’unanime opportunità di giocondità
e pienezza, “eppure sei salvato, / per il riflesso degli alberi / sei guidato al
nuovo”. Non ultima, Franca Mancinelli aduna versi fioriti intorno mutevoli
visioni itinerarie, “qualcosa in noi respira / soltanto nel trasloco: / gioia
per ogni terra cancellata”. “I versi sono la mia terra. La poesia è il
continente d’aria che abitiamo tra un naufragio e l’altro delle nostre
esistenze. La
poesia è così viva che può sembrare una presunzione contenerla in una forma
definitiva. E, una volta compiuto questo difficile e duro lavoro, ci si trova a
guardarla con lo stupore e la pena con cui si torna a fare visita agli animali
in gabbia, augurandosi -
conclude la Mancinelli - che
non si ammalino, che la loro esistenza continui il più possibile felice,
adattandosi ai confini di quel nuovo spazio”.
GRAZIA
CALANNA
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